Autonomie regionali differenziate, la preoccupazione della Uil Abruzzo: "A rischio l'unità nazionale, la riforma lede i diritti di cittadinanza"

A Montesilvano il consiglio generale con la partecipazione del segretario nazionale Antonio Foccillo: “Manca un dibattito, Parlamento esautorato. Sanità, assistenza e scuola non si toccano”

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Una riforma che preoccupa. Uno stravolgimento da respingere con decisione. Un rischio da superare con confronto e condivisione. È questa la posizione della Uil Abruzzo sulla riforma dell’autonomia regionale, al centro del confronto tra governo e Regioni: se ne è discusso questa mattina a Montesilvano nel corso del consiglio regionale della Uil Abruzzo, al quale ha preso parte anche il segretario nazionale Antonio Foccillo. Ad aprire i lavori, Michele Lombardo, segretario generale Uil Abruzzo: “È fondamentale conoscere questo argomento, ed è altrettanto importante dibatterne e approfondirlo perché ne va della tenuta del nostro Stato nazionale, di un fisco equo e della nostra comunità. Ecco perché siamo preoccupati”.

Foccillo ha spiegato: “Non siamo contrari al decentramento ma lo Stato deve coordinare questo processo, assicurando a tutti pari diritti. L’autonomia differenziata ha radici lontane: proposta dapprima dalla Lega come secessione, poi ripresa dal centrosinistra che ha modificato il titolo V della costituzione e sottoscritto accordi con le Regioni, arriva fino ai giorni nostri con l’aggravante di una discussione tra “privati”: Stato e Regioni, senza che altri possano parlarne, a partire dal Parlamento, l’unico organo che può decidere su una questione che stravolgerebbe l’unità della nazione. È doveroso un dibattito pubblico nella cornice degli articoli 116, 117 e 119 della costituzione”. Alla Uil non piace il metodo, ma neanche il merito: “Si rischia lo smembramento dello Stato e vengono meno i diritti di cittadinanza perché un’autonomia sulla base del fisco versato da un territorio metterebbe ai margini regioni in difficoltà specie in ambiti come la sanità, l’assistenza, l’istruzione, il fisco, gli investimenti per opere pubbliche: le regioni ricche assorbirebbero completamente il fondo nazionale. Il problema dunque è politico. Quale modello vogliamo per il nostro Stato e la nostra società? Domanda importante, in un contesto dove assistiamo alla finanziarizzazione dell’economia, con sovrastrutture hanno fatto perdere allo Stato la sovranità, viviamo immersi in una pericolosa apatia e, infine, si considera lo Stato stesso alla stregua di un’impresa che deve chiudere con il bilancio in pari, per via del fiscal compact. Ecco perché diciamo no a questa riforma. E diciamo sì ad un decentramento solidale contro gli egoismi e ad un confronto aperto in Parlamento, nella società, con i sindaci”.

Sugli effetti negativi dell’autonomia sul sistema scolastico è intervenuta Fabiola Ortolano, della segreteria regionale della Uil: “L’obiettivo è regionalizzare la scuola tramite una vera “secessione” delle Regioni più ricche, che porterà a un sistema con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio. La scuola non è un semplice servizio ma una funzione primaria garantita dallo Stato a tutti i cittadini italiani, quali che siano la regione in cui risiedono, il loro reddito, la loro identità culturale e religiosa. Sarà inevitabile l’aumento del divario tra nord e sud e ricchi e poveri”.

 

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